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Livio Orazio Valentini, il pittore di Orvieto

di Luca Giuliani

L’Istituto Storico Artistico Orvietano dedica, in questo anno accademico 2011-2012, una serie di conferenze a “Orvieto nella storia e nell’attualità” con un focus privilegiato sui personaggi e interpreti che con le loro opere o azioni ne hanno reso internazionale la conoscenza. A tal proposito, lo scorso 13 gennaio si è tenuto un toccante ricordo dell’artista Livio Orazio Valentini, originario di
San Venanzo, ma orvietano di adozione, scomparso nel 2008.
La conferenza, accolta con entusiasmo da un nutrito e attento pubblico, ha avuto tre relatori:
Alberto Satolli, presidente dell’Istituto, Antonio Carlo Ponti, storico e critico dell’arte umbra, e Aldo Lo Presti, autore dell’ultimo fortunatissimo libro sull’artista: “Livio Orazio Valentini, il pittore di Orvieto”, pubblicato sul finire dello scorso anno per le Intermedia Edizioni. I tre interventi sono stati incentrati sul ricordo personale dell’artista, oltre che sulle sue innumerevoli opere, soprattutto come comune amico. Satolli, ha ripercorso i loro interessi: da un pellegrinaggio laico a Praga nei campi di concentramento (in passato, Valentini aveva vissuto l’esperienza in prima persona, definendosi sempre “ospite” e non ex prigioniero del lager, come a enfatizzare la condizione vissuta, giudicandola un passaggio), sino alla visita alla “Biennale di Grafica Internazionale” di Brno e ancora ricordi di incontri e possibili sviluppi sullo studio della ceramica, l’inserimento di Orvieto nella mostra delle “Cento Città d’Italia” e la prospettiva del 1985 dal titolo “Orvieto: progetto per una città utopica”. Ponti, nello scorrere di una serie di immagini rappresentanti le opere, ha esposto una bella digressione sull’uomo e sull’artista Valentini, le cui competenze andavano dalla pittura, alla scultura, alla manipolazione dell’argilla, all’uso sapiente dei colori e dei ferri, sottolineando l’importanza della sfida personale che intraprese con il mito di Luca Signorelli, alcuni viaggi in Nigeria o negli Stati Uniti e le soddisfazioni internazionali che seppe raccogliere. Lo Presti, infine, oltre al ricordo personale dell’ultimo periodo, si è soffermato sulla concezione (propria del Valentini) della bellezza delle opere d’arte collegata all’interesse suscitato, traducendo come lo stesso artista vada considerato importante per la quantità di citazioni ricevute nel settore. Ne ha tracciato il profilo di uomo coraggioso, che ascoltava e sapeva farsi comprendere, capace e voglioso di immaginare oltre ogni ostacolo: un artista senza etichette e senza temi che ha vissuto molto, dando una valenza qualitativa alla propria esistenza.
Ta i tanti che lo hanno aiutato nelle sue ricerche, lo stesso Lo Presti ha tenuto a ringraziare Giovanni Massaccesi, grande amico e collezionista “valentiniano” nonché generoso mecenate del libro pubblicato.

 
Ciò che chiamiamo Allerona non è soggetto propriamente al criterio di territorialità, perché eccede senz’altro i limiti angusti della spazialità concreta per confluire nella prodigalità d’una geografia mentale, lucidissima nella nostalgia.
Si smarrisce il confine del tempo in un movimento brusco della memoria, approfondendo il solco della realtà in una strategia di remote corrispondenze, che sgorgano come uadi da strani ingranaggi.
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