Archivi per la categoria ‘heimat 2000/1’

La speranza non è un’illusione ottica

di Mario Gaudino

E’ dal 1974, da quando sono venuto ad abitare ad Allerona, che sento il solito ritornello: Allerona Paese non ha avuto lo sviluppo che le sue caratteristiche avrebbero meritato a causa di scelte sbagliate fatte da amministrazioni precedenti. Sono passati 25 anni ma purtroppo il blà blà è sempre lo stesso come se ognuno passivamente ed inconsciamente accettasse l’idea che il Paese sia condannato ad un lento e sicuro declino. Se il tutto poteva avere un senso allora, almeno per chi sosteneva di conoscere la realtà, a distanza di tanti anni è sicuramente un alibi che non riesce a nascondere il fallimento e l’incapacità di idee e soluzioni, alla faccia di chi nel 1975 festeggiò, con ingenua speranza, la presa del “potere locale” da parte della sinistra: ho ancora negli occhi l’immagine di qualcuno che si arrampica sul terrazzo del palazzo comunale per issarvi una bandiera in segno di vittoria. A parer mio, da quel periodo l’errore più grande commesso dagli amministratori, tutte onestissime e bravissime persone, è stato di aver pensato ad Allerona non come ad una unica realtà ma come a due entità diverse e separate: il Paese e lo Scalo. Tutte le scelte fatte sono in quest’ottica (2 campi sportivi, 2 biblioteche ed ora anche 2 sale polivalenti) e perciò passi avanti non sono stati fatti; basti pensare per il Capoluogo al numero sempre più ridotto degli abitanti, delle attività, degli occupati, degli alunni, delle classi.
Ma è logico domandarsi: gli ammi-nistratori locali hanno il potere di guidare e di orientare lo sviluppo? Provate ad immaginare cosa sarebbe accaduto se la scuola Media invece che sul poggio di S.Abbondio, che allora era disabitato e per andarci serve un pulmann, fosse stata costruita vicino a Villa Crespi o sul poggio di S.Lorenzo; dal centro di Allerona Scalo avrebbero avuto pari distanza ma le conseguenze sarebbero state sicuramente diverse. Si sarebbe potuto trainare lo sviluppo abitativo in congiunzione tra i due centri abitati con i benefici che si possono immaginare, anche per ridurre il campanilismo: una sola realtà, una nuova mentalità, un più ampio mercato per le case di Allerona Paese, una maggiore salvaguardia del territorio. Ormai questa scelta non si può più fare e neanche tante delle altre scelte che da allora hanno concorso al raggiungimento della situazione attuale. Il risultato? E’ sotto gli occhi di tutti: l’isolamento esasperao del Capoluogo. La gente ritiene che ciò sia dovuto ad una mancanza di attenzione della maggior parte degli amministratori che si sono succeduti, per ragioni prevalentemente di partito, talvolta mascherati con primari interessi comprensoriali, sebbene alcuni “maligni” sostengano addirittura l’idea di un complotto; altri parlano anche di interessi personali ma io non ci credo. Sembra però che la maggior parte degli sforzi siano concentrati sullo Scalo, ove è evidente il progetto di unione di fatto tra Allerona Scalo e Pianlungo, cosa peraltro non negativa. Sempre convinto che possiamo ancora fare la nostra parte e senza avere la pretesa di offrire ricette miracolose, vorrei ribadire che soluzioni possono e devono ancora esistere e che è vergognoso accettare tutto passivamente e non lottare fino all’ultimo per cercarle. Pensare però che la soluzione si possa risolvere con lo scarsissimo turismo estivo e domenicale è francamente un’illusione se non c’è dietro un progetto paese che chiarisca le vocazioni del territorio, indichi anche dove insediare nuovi nuclei abitativi (come si fa a costruire case quasi sui binari della ferrovia?) e offra occasioni a persone che intendono dimorarvi e crearsi una famiglia in modo che funzionino le scuole e vi siano attività lavorative.
Questo è il motivo per cui sono diventato socio dell’Associazione Amici di Allerona e mi impegnerò perché quanto program-mato si realizzi: un laboratorio di idee e proposte operative che offrano agli amministratori evidenti soluzioni, anche alternative, a problemi che di volta in volta si presentano e ai concittadini una lente di ingrandimento per aiutarli a leggere la realtà; insomma un dialogo invece del solito monologo. E’ un progetto a lunga scadenza: noi staremo vigili e se ci saranno opportunità, che comunque contribu-iremo a generare, stavolta non ce le faremo sfuggire.
Primo obiettivo, tanto per cominciare: veicolare l’immagine che il nostro è un Paese “a dimensione d’uomo” dove si vive bene e che non ha niente da invidiare al resto del vicinato. Non dovrebbe essere difficile perché ha la forza della verità.

Terra mia

di Mareva Peresso

Mareva Peresso è figlia della nostra terra; sensibile al bello e partecipe a quanto la circonda, ha cominciato a scrivere sin dall’adolescenza ma i suoi lavori solo nel 1989 hanno visto la luce con la raccolta di versi “Oltre l’orizzonte”, cui sono seguiti nel 1991 “Pensieri al vento” e nel 1994 “Solo foglie”; da quest’ultima raccolta abbiamo tratto una poesia che l’autrice ha scritto in un momento in cui angoscia e senso di sfiducia l’hanno spinta a rifugiarsi nella propria terra.
Capacità espressiva, incisività di linguaggio e limpidezza di stile sono i pregi di maggior rilievo di Mareva Peresso che soprattutto nelle composizioni brevi, dal taglio epigrammatico, dimostra di possedere anche il dono raro della sintesi.
Mareva Peresso collabora al “Corriere di Roma” e al periodico “Italia Lettere”. Vive a Roma, ma ha nel cuore la sua terra, Allerona, a cui ha dedicato questa bellissima poesia che vi p
roponiamo.

Terra Mia

Sinuosa la strada
come le tue colline
che m’avvincono al ritorno
terra mia.

Avanzo sul tuo suolo
quasi
come leggessi uno spartito musicale:
al “dolce”
“piano”, “pianissimo”
succede a un tratto
un “forte”
ch’è lacerante
quasi come un grido.
E’ la ferita aperta
dei tuoi bianchi calanchi
ricordo di remoti travagli
che arresta in tempo
quella dolcezza che si fa struggente.

T’appartengo
lo sento nel cullarmi tuo
quasi uterino
e il tornare
è rifugiarsi nel grembo d’una mamma.

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