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Una certa idea di Orvieto

di Sergio Ercini

Orvieto, patrimonio dell’Umanità: noi sappiamo che questa qualificazione è nostra, lo è sempre stata. Ora chiediamo che questa nostra straordinaria, incomparabile bellezza venga riconosciuta come uno dei vertici, nel mondo, di valori umanistici, estetici, artistici e ambientali, frutto di una nostra “visionaria realtà” in cui il “sublime” appare agli uomini un miracolo che intreccia natura e storia. La Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale, è il documento internazionale di maggior rilievo e prestigio su questo terreno. Tale Convenzione, approvata dalla Conferenza generale dell’UNESCO nel novembre 1972, è stata sottoscritta e siglata da ben 157 Stati membri. Gli obiettivi che la Convenzione si pone sono quelli di proteggere un patrimonio rappresentativo di grandi civiltà e culture, che sottolinei l’evoluzione della terra nel corso dei tempi e ne segnali i grandi, positivi valori naturalistici e ambientali, operando nel concreto al fine che questi non vengano alterati ma conservati e tutelati. Orvieto e il territorio circostante è certo espressione della forza e della potenza creativa, che qui si è esplicata nell’espressività della natura creata e creatrice e da noi diviene propria dell’uomo che ha saputo cogliere i grandi valori dello spirito nell’arte, dovunque essa trovi espressione, nelle case degli uomini semplici, nei maestosi palazzi, nelle chiese e nella cattedrale, nel tessuto urbanistico aggregato della città e della campagna. In Orvieto tutto ciò esiste. E’ di fronte agli occhi del mondo, meraviglia delle meraviglie. Questo è Orvieto, e lo è, soprattutto, perché natura e arte, storia e vita, città e campagna, qui si intrecciano in una rara e singolare coerenza espressiva, unitaria sì ma dinamica e dialettica come sempre deve essere l’animo dell’uomo vero, dell’uomo ‘orvietano’. Nessuna città come Orvieto appare a chi la osserva un “habitat” in cui un masso meraviglioso di tufo proponga ed esalti la città sovrastante radicata nel massiccio che la sostiene. Per tanti sotterranei meandri, cunicoli, cantine e pozzi, la vita dell’uomo orvietano convive utilmente e appropriatamente col sottoterra; esso è quindi non separato e oscuro, ma coniugato e intrecciato con uno spazio vitale superiore ed esterno. Questa unità è l’”unicum” per cui Orvieto appare ineguagliabile. L’ONU, e per esso l’UNESCO, vigila, interviene con studi, ricerche, indagini, ma anche con risorse economiche affinché tutto ciò non sia messo in pericolo. Noi orvietani, noi che abitiamo questa “Gerusalemme in terra”, questo segno che unisce natura e storia, finito e infinito, noi dobbiamo esserne i primi custodi, vigili della sua intima sacralità, custodi di un tempio in cui storia e tempo si incontrano e si disvelano. Orvieto è patrimonio dell’Umanità. Nave ancorata alla terra e che procede con i ritmi misteriosi del tempo; movimento non inerte. La circolarità e quindi l’unità tra vita e morte è il segno di Orvieto. Non solo perché il suo Pozzo di San Patrizio, attraverso la sua doppia spirale, porta a chi la abita la vita, ma Orvieto è essa tutta segno vitale. Non custodisce nel suo uomo sublime il miracolo della vita di Cristo che è presente nel Miracolo del Corporale e sempre nell’Ostia consacrata per chi crede? Il Giudizio Universale che Luca Signorelli ci affidò, non ci offre, nei tormenti della vita e nella resurrezione dei corpi, il trionfo dell’uomo nella vita eterna e la rinascita nel suo corpo vero e proprio? Una città come questa accresce ed esalta la presenza, già deliberata, di altre città, ambienti naturali, di architettura, di scrittura, di pittura, di gruppi di costruzioni isolati o riuniti, di siti come opere dell’uomo e della natura. Possiamo essere fratelli nell’arte di opere come la Piazza del Duomo di Pisa, la Villa del Casale di Piazza Armerina, la Cattedrale, la Torre civica e la Piazza Grande di Modena, dei Sassi di Matera, del Centro Storico di Firenze, del Castello di Federico a Castel del Monte, delle aree archeologiche di Pompei, Ercolano e Torre Annunziata, del Centro Storico di Roma, di San Gimignano, di Siena, di Venezia e la sua Laguna, espressioni tutte queste iscritte nel segno unificante e vario dell’arte e della storia di questa nostra Italia, così come di tante altre meraviglie sparse in tutto il mondo. Un’attenta lettura del testo stesso della Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale, servirà a conoscere bene lo spirito che la sottende e la concreta azione che implica, propone ed attua. Ora a noi tutti compete di portare a conclusione questo cammino che, all’aprirsi del terzo millennio, è anche un modo giusto per una grande valorizzazione dell’intero nostro ambiente; privilegio di ciascuno e orgoglio di tutti i veri orvietani. Ma anche esso è un dono nostro ad un mondo che vive grandi drammi dell’intol-leranza etnico-religiosa, della miseria e della povertà, del rifiuto del diverso, di una cultura che si vuole sempre più massificata e plastificata. Orvieto non è clonabile! Ma ad Orvieto si può ritrovare l’uomo: questo è oggi il bisogno più urgente cui noi offriamo il senso positivo della nostra storia e della nostra arte. Offriamo l’”orvietanità” come percorso arduo ma possibile in cui l’animo si ritrovi e non si disperda, ma incontri il desiderio di vivere nella sua pienezza e nella sua gioia. Del resto cosa serve per essere felici?: “Comprare per poche lire i più bei frutti del mondo al mercato di Orvieto”.

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