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Allerona, ma quanto mi costi!

di Sisto Pacetti

Da un po’ di tempo a questa parte, si nota un fervore ed un entusiasmo e, vorrei dire, una gara per risvegliare, attraverso differenti canali di informazione, l’interesse per la soluzione dei problemi che travagliano il paese di Allerona. Da una parte “Heimat”, voce degli Amici di Allerona e dall’altra l’Amministrazione comunale con il suo “Il Lerone” sono i portavoce più qualificati per analizzare da una parte i problemi e per spronare a trovare soluzioni e dall’altra per illustrare quanto si sta facendo o i vari programmi di intervento. Tutta questa lodevole attività lascia bene a sperare che sia possibile realizzare qualcosa e che finalmente il paese possa imboccare la strada per una sua rinascita. C’è tuttavia un argomento che mi sembra non sia stato mai preso in considerazione e che, a mio parere, costituisce un problema non indifferente che, specie nel prossimo futuro, può costituire un ostacolo e vanificare la realizzazione dei vari programmi messi in atto. Si tratta del problema delle seconde case. Credo, senza tema di smentita, che le seconde case, o come si dice nel linguaggio burocratico, le case a disposizione, costituiscano ormai la maggioranza delle case alleronesi situate nel borgo definito anche, con un ipocrita neologismo, “centro storico”. Tali abitazioni non sono lasciate in abbandono a se stesse ma risultano semplicemente vuote e mantenute con amore in uno stato di abitabilità decoroso ed utilizzabile in qualsiasi momento. Uno dei principali problemi che sorgono da questa situazione sta appunto nel concetto di “seconda casa”. Secondo la legge questo tipo di abitazione è sottoposto allo stesso tipo di regime fiscale sia che l’abitazione si trovi in un piccolo paese sia che si trovi ad esempio a Portofino o a Cortina a disposizione di celebri VIP. Base per il trattamento fiscale degli immobili è il valore catastale. A tale proposito vale la pena sottolineare che gli attuali valori catastali delle vecchie case alleronesi, probabilmente stabiliti nel periodo a cavallo tra le due guerre o forse ancora prima e mai rivisti, sono quanto mai irreali se paragonati a quelli relativi a moderne abitazioni anche di pregio situate in altre città italiane. Per le case a disposizione il fisco prevede:
a. reddito ai fini dell’IRPEF aumentato di un terzo rispetto al valore catastale, da cui deriva per le seconde case di Allerona un valore ai fini dell’imposta quanto mai oneroso.
b. Imposta comunale ICI. Il Comune di Allerona non ha differenziato, almeno fino ad ora, la quota ICI per le seconde case, ma poichè anche questa imposta è basata sui valori catastali il suo ammontare finale risulta spropositato.
c. Canoni di abbonamento al telefono ed all’elettricità aumentati del 20%.
Anche a livello locale si possono ricordare altre situazioni che aggravano ulteriormente la situazione come ad esempio la tassa comunale sui rifiuti basata sulla superficie dell’immobile anzichè sul numero delle persone e sul periodo di permanenza nella seconda casa.
A questi balzelli legali va aggiunta una voce che dal punto di vista quantitativo risulta forse la più onerosa e cioè la manutenzione. Come tutti sanno, nelle case lasciate vuote per lunghi periodi sorgono sempre problemi di guasti e di revisioni. Ogni volta che si ritorna al paese si verifica la necessità di effettuare opere di revisione e di manutenzione per impianti idraulici, elettrici o per opere murarie. Ancora più onerose risultano le eventuali opere di manutenzione che riguardano l’esterno di edifici (infissi, intonaci ecc.) a causa dei giusti vincoli posti dall’Amministrazione comunale per la salvaguardia ambientale e che comportano l’impossibilità di scelte più economiche o comunque più contrattabili. A queste situazioni economiche negative si aggiungono, a mio parere, altre situazioni altrettanto negative che contribuiscono ulteriormente ad aggravare la situazione come ad esempio la difficoltà di accesso alle macchine e l’impossibilità di disporre di un posto macchina coperto nell’abitazione o nelle sue vicinanze. La conseguenza di tutto quanto riportato sopra è un deprezzamento notevole del valore commerciale dell’immobile per cui oggi chi volesse disfarsene più che vendere dovrebbe svendere.
Facendo i conti a fine anno si constata che quello che si spende per mantenere una seconda casa ad Allerona e che potrebbe essere quantificato nell’ordine di alcuni milioni di lire sarebbe sufficiente per godere di un lungo periodo di vacanza in un buon albergo in una amena località di villeggiatura senza troppi problemi. A questo punto sorge spontanea la domanda: ma chi ce lo fa fare? Ce lo fa fare sicuramente l’affezione per il paese natio che ci ha consentito di accettare anche se a malincuore e con una certa rassegnazione e sacrificio tale situazione come è dimostrato dal fatto che la maggior parte delle seconde case ricevute dai nostri genitori si trovano in uno stato di abitabilità ottimale essendo state ristrutturate con gusto e con amore da noi che ci siamo nati e che riteniamo ancora validi i legami che ci legano al paese. Ma quando noi non ci saremo più i nostri figli accetteranno di assumersi tali oneri? Io ho grossi dubbi in proposito anche per il fatto che specie per quelli nati al di fuori di Allerona i legami con il paese risultano molto più labili e non tali da permettere di caricarsi di tali costi, quindi necessario operare per correggere certe situazioni negative e rafforzare i motivi di interesse che invoglino le generazioni future a continuare nell’ opera che noi più anziani abbiamo messa in atto. Evidente che per risolvere i problemi sopra accennati occorrerebbe una bacchetta magica che non esiste e, d’altra parte, personalmente non ho la capacità e la presunzione di fare proposte realizzabili. Posso solo sottoporre alcune idee che pongo come base di discussione per chi, più competente di me, potrebbe renderle più realistiche ed attuabili e cioè:
a. Revisione dei valori catastali degli immobili approfittando anche delle nuove direttive governative che credo siano in atto.
b. Mantenimento dell’attuale quota ICI anche per le seconde case.
c. Revisione da parte dell’Amministrazione comunale del sistema di calcolo dell’imposta sui rifiuti.
d. Creazione di un sistema di parcheggio che consenta di disporre sempre di un posto macchina nelle vicinanze del centro storico possibilmente al coperto.
e. Per quanto riguarda le opere di manutenzione più costose e di ristrutturazione potrebbe essere interessante la possibilità di disporre di un fondo finanziato da enti locali o statali o da banche presso il quale sia possibile reperire prestiti o accendere mutui a condizioni vantaggiose di interesse e di tempi di estinzione. La legge n. 449/97 (quella per intenderci che prevede una detrazione di imposta del 41 o del 36% ) è temporanea e quanto mai farraginosa nella sua applicazione e non dà una garanzia in proposito.
Queste sono solo alcune modeste idee personali che tengono conto però di una triste realtà. Possedere una seconda casa ad Allerona oggi non è certamente un lusso ma potrebbe diventarlo domani. Oggi è sicuramente un onere non indifferente che deve e può essere reso comunque meno gravoso allo scopo di evitare in un prossimo futuro che bande di speculatori mettano le mani su quel poco che è rimasto trasformando il paese in un agglomerato anonimo destinato magari a sporadiche riunioni o a false manifestazioni folkloristiche e nel quale gli alleronesi veri non avrebbero più alcuna voce in capitolo..


La storia di Allerona

di Sandro Bassetti

Sandro Bassetti è un ingegnere chimico con la passione della Storia. Dopo gli inizi in Snam Progetti ed in aziende multinazionali è stato alla guida della Duracell-Superpila ed attualmente della BPT Spa, un dei grandi gruppi elettronici del Nord-Est italiano. Ha pubblicato finora 4 libri ed è presidente dell’associazione culturale “Il Confine” di Venezia. A breve l’Associazione Amici di Allerona darà alle stampe il libro “Alla scoperta di un tesoro nascosto: Allerona”, del quale segue uno stralcio.

Gli antichi storici affermano che la toponomastica del territorio venga imposta dal popolo di Tirreno, re di Ati, di Lidia e di Meonia che, con un grande esercito, viene in Italia dalla Grecia e si impadronisce di tutta la Tuscia nel 1478 a.C.. Volendo i Tirreni ricordare le loro terre lontane avrebbero imposto i nomi dei loro territori di provenienza nella madrepatria ai nuovi territori conquistati. Da ciò risulterebbe che il nome Lerona derivi da Lero, piccola isola dell’Egeo del gruppo delle Sporadi, tra Lisso e Calimno, e che Meana derivi da Meonia, regno greco di Tirreno, che prende il nome da Meone il più antico re del paese, patria di Omero noto anche come il cantore meonio. Ad avvalorare questa tesi contribuiscono anche le storie di Tito Livio che, nell’anno 391 a.C., riportano che i Salpinati, ovvero gli abitanti dell’Alfina, sono armati da Meone. Di fatto il territorio risulta abitato e frequentato da tempi molto antichi. Nel tratto di strada che va dal ponte de subtus sul Paglia, sotto il Castello di Monte Rubiaglio, al piano di Meana, alla via che da Allerona Scalo sale verso Allerona ed oltre fino a San Pietro Acquaeortus, sono venuti alla luce, nel tempo, vari reperti di epoca etrusca e romana, che testimoniano la vita nel territorio dal VI secolo prima di Cristo al IV secolo della nostra era. Mentre i reperti etruschi, almeno quelli non clandestini, non sono molto numerosi, quelli romani sono frequenti, importanti, in almeno un caso unici, e documentati e, nel caso di strade, ponti, acquedotti, ben visibili. Il sistema viario del territorio rivela un classico sponsale tra la via etrusca preesistente e quella romana, successiva, che la ricopre migliorandola; tutt’oggi sono ben visibili, e percorribili, le vie etrusche ben individuabili poichè valicano le colline sopra lo spartiacque. Analizzando in ordine cronologico i reperti archeologici, le antiche cronache, le pubblicazioni degli studiosi del livello di Massimo Pallottino e della British School, si giunge alla sintesi che segue e che rileva la vita e l’importanza di Allerona e del suo territorio, dalle origini alla costruzione dell’autostrada del Sole, nel 1960, come centro, di servizio prima e di controllo poi, di un nodo viario di primo grado.
Due arterie etrusche di grande traffico, finora riconosciute anche se non dettagliatamente studiate, hanno il loro punto di incontro presso Allerona; la prima da ovest a est, proviene da Populonia, Pupluna, Vetulonia, Vatluna, e Roselle; la seconda, da sud a nord, dopo aver toccato Orvieto, Velzna, si dirige a Chiusi, Clevsi, Cortona ed Arezzo, passando per il territorio di Allerona. Queste due arterie potrebbero essere con tutta probabilità quelle che oggi vengono denominate Strada Provinciale 50 dell’Osteriaccia e Strada Provinciale 108, Fabro-Allerona, che si diramano dalla riva del fiume Paglia, alla foce del torrente Rivarcale. La prima, S.P. 50, da est ad ovest, correndo sopra lo spartiacque delle colline raggiunge Allerona, il parco di Villalba, Trevinano, dirigendosi verso Roselle, Vetulonia, Populonia, ma anche verso Siena: la seconda, da sud a nord, S.P. 108, dopo aver lasciato Orvieto ed attraversato il Paglia sotto Monte Rubiaglio, su un ponte etrusco in travi o in muratura, si dirige a Fabro, Salci, Cetona, Sarteano, Chiusi. Dopo l’attraversamento del Paglia sotto Monte Rubiaglio, la strada proveniente da Velzna attraversa la piana di Meana dirigendosi verso il torrente Rivarcale dove, poco oltre la riva destra, si biforca suddividendosi nelle due arterie. Presso questa diramazione gli Etruschi certamente costruiscono una stazione di servizio per il cambio dei cavalli ed il ristoro dei viaggiatori. Questa esistenza, o comunque la vita in questa area, è testimoniata da un ritrovamento ufficiale poichè, nel 1958, è stata rinvenuta fortuitamente, in contrada Pian di Meana, una statuetta fittile acefala. Di robusto modellato essa rappresenta un personaggio virile seduto, con un mantello che gli lascia scoperto il petto e la spalla destra. E’ lecito supporre che si tratti di un Giove o di un Esculapio di fattura etrusca da modello ellenistico. La statuetta si conserva nel museo civico orvietano.
I Romani adattano secondo i propri canoni ingegneristici le due arterie etrusche e nell’anno 88 sostituiscono il ponte sul Paglia, con il pons de subtus, poi detto della mola. Costruiscono lungo il tracciato della prima arteria etrusca una nuova via, della quale a tutt’oggi non è stato accertato il nome. Esiste testimonianza certa nel reperto archeologico ritrovato lungo questa via, nei pressi dell’abbazia di San Pietro Acquaeortus. Nel 1886 un alto funzionario del ministero della pubblica istruzione avverte l’accademia dei Lincei che “annessa ad una fattoria, sul monte San Pietro Aquaeortus, è una chiesetta del sec. XVI, rifabbricata sulle rovine di altra chiesa medioevale, o sopra i ruderi di qualche tempietto pagano; innanzi alla quale chiesetta trovasi un cippo di pietra locale, che reca l’iscrizione seguente: “Herculi / Salutari / Ti(berius) Claudius / Dento Aug(usti) / Lib(ertus) V(otum) S(olvit) L(ibens) / M(erito)”. La nota non entra in merito del problema storico-religioso, ma si limita alla menzione di altre cinque epigrafi, dove appare il cognome Dento. Sopra il fondo della seconda arteria i Romani, negli anni 107-108, costruiscono la via Traiana Nova, sulla dorsale est di Allerona, ed il ponte sul torrente Rivarcale; nel 305-306 restaurano la via; nel 362 costruiscono il pons Iovianus, poi chiamato ponte di mastro Janni e, infine, ponte Giulio, utilizzando le strutture esterne del pons de subtus appena crollato; nel 363-364 deviano la via per raccordarla al nuovo ponte. Di ciò rimangono chiare testimonianze costituite dai ruderi dei ponti e dalle pietre miliari del XIII e del XV miglio ritrovate la prima in località monte Regole, nel comune di Allerona, e la seconda presso il podere Polvento, oggi nel comune di Ficulle, ma geograficamente ubicato tra la destra delle paludi della Chiana ed Allerona. Nei pressi della diramazione i Romani costruiscono ex novo o sulle infrastrutture etrusche preesistenti, una nuova stazione. Con tutta probabilità, infatti, l’originario insediamento abitato, che secoli dopo si trasferisce sulla collina dando luogo all’attuale Allerona, nasce e si sviluppa adiacente alla diramazione delle due arterie, lungo le acque del torrente Rivarcale. Questa mansio è di notevole importanza e grandezza poichè, oltre alla stazione di posta, all’albergo ed al ristorante, vi ha sede una sorta di ospedale. E’ stata rinvenuta, nel 1884, una spatola (epathola, spathomale), uno strumento chirurgico molto raro, tanto che fino alla data del ritrovamento è noto solo per la menzione fattane dagli antichi scrittori romani.
Al termine dell’impero romano, nell’anno 476 e fino all’anno 809, l’attività della mansio viene man mano a decadere per effetto delle continue guerre e delle conseguenti distruzioni. Gli addetti alla mansio e gli abitanti del villaggio sorto accanto cercano rifugio e protezione dalle incursioni in luoghi più sicuri e lo trovano sulla collina di Allerona, separata e protetta dagli strapiombi che la circondano come un’isola nel mare. Viene costruito un villaggio dove nascondersi e ripararsi limitatamente al periodo dell’incursione. Trovandosi accanto ad una primaria via di comunicazione nord-sud, la mansio prima ed Allerona poi subiscono le incursioni dei Visigoti nel 408 e 410, degli Unni nel 451, degli Eruli nel 476, degli Ostrogoti nel 489 e dei Bizantini nel 535, che per decenni si alternano nel dominio del luogo, dei Longobardi nel 568, dei Franchi nel 774, dei Saraceni dal 842 al 914, degli Ungari dal 915 al 937, dei Teutonici nel 962 per un intero secolo ed ultimi invasori prima dell’instabile possesso del territorio da parte dello Stato pontificio cui appartiene fino al 1860.
L’arrivo del nobile guerriero Rodorico Monaldo, al seguito di Carlo Magno, determina una continuità di controllo nell’area, ed una maggiore protezione degli abitanti. Circa nell’anno 850, a causa delle scorrerie dei Saraceni prima e degli Ungari poi, gli addetti all’antica e ormai fatiscente mansio e gli abitanti del contado eleggono stabilmente a loro dimora la vicina, baricentrica e sicura collina di Allerona, sede di una ricca sorgente d’acqua potabile, e ne aumentano il grado di protezione munendola di una recinzione leggera detta a spinata. Il vecchio villaggio utilizzato solamente per rifugiarsi durante le invasioni e le scorrerie, acquista stabilità e continuità.
Al termine dei così detti secoli bui, nasce Allerona che tutt’oggi conserva quasi inalterato lo stato natio. La trasformazione del borgo in castello con ricetto è dettata da varie necessità: un miglior controllo dell’accesso ai feudi dei Monaldeschi, la ripresa dei viaggi sulle due arterie, il presidio costante nell’area del cadetto della casata Monaldeschi, le guerre più continue, più lunghe, più cruente e frequenti che nel passato. Sulla base di queste necessità Beltramo I Monaldeschi della Cervara, signore di Monte Rubiaglio, nel 1215, ordina ex novo la costruzione del Castello di Allerona che presto assurge ad una notevole importanza poichè sede dell’omonimo piviere. L’importanza, oltre che a motivi ecclesiastici, viene attribuita ad Allerona per la funzione che questo castello deve assolvere: il controllo confinario del feudo dei Monaldeschi della Cervara maggiormente dedicato ai limiti settentrionali che lo congiungono con il territorio senese, spesso ostile, e con quello dei Monaldeschi della Vipera, ramo antagonista della stessa casata. Da questo ruolo Allerona non si distacca che dopo l’unità d’Italia nel settembre 1870, pur rimanendo tutt’oggi territorio di confine tra tre regioni. Allerona viene costruita dalle fondamenta: sul vertice della collina il castello feudale, a tre piani, la chiesa, oggi dedicata a Santa Maria Assunta, ortogonale al castello rigorosamente lungo l’asse ovest-est, il ricetto, le abitazioni del popolo, posto in fronte al castello, e da questo distanziato da una piazza, verso la porta maestra, oggi detta Centrale o del Sole, a sud e quella delle Fonti o della Luna ad est. Un forno pubblico, vicino alla porta orientale, e due pozzi: uno di raccolta delle acque piovane, nella corte del castello, e l’altro, nella piazza accanto alla chiesa, di emungimento della vena di acqua sorgiva. Il centro abitato fortificato, il castrum, è protetto da difese naturali costituite da forti dislivelli ripidissimi sui lati ovest, nord ed est. Vi si accede solo dal lato sud, attraverso la porta Centrale, provenendo dalla via, oggi S.P. 49 Fabro-Allerona Scalo che, salendo da valle a quota 167, raggiunge quota 472 svolgendosi lungo lo spartiacque. Entrambe le porte sono protette da una doppia chiusura assicurata da un robusto portone e da una grata sollevabile. La porta più esposta, quella Centrale, viene ulteriormente protetta da una torre che la sovrasta. Il catasto del 1292 indica Allerona come capo mandamento del piviere cui fanno capo i Castelli di Monte Rubiaglio e di Paterno, nonchè villa di Meana. Il territorio orvietano è suddiviso in venti pivieri: quello di Allerona è il terzo. Le cronache confermano la persistenza ed il ripreso e frequente uso delle due arterie etrusche, in pace ed in guerra: la prima, notevolmente revisionata nel 1334, conserva la propria funzione di collegamento tra Orvieto e Chiusi, mentre la seconda, scomparse le città etrusche di Populonia, Vetulonia e Roselle ed imbarbaritisi i territori, conserva solo alcuni tratti verso Trivinano e vede aumentato il proprio traffico in direzione di Siena.
A due secoli dalla revisione della strada ab Urbevetere usque Clancianum, questa rimane fruibile e ben percorribile. Papa Paolo III la percorre nel 1536, con il proprio seguito e la propria scorta, per recarsi a Nizza, passando per Siena. La strada che conduce l’augusto pontefice verso Siena, è l’antico tracciato della Cassia o Traiana Nova o seconda arteria etrusca che, da Monte Rubiaglio e Allerona, giunge a Chiusi passando sotto Fighine e, precisamente, a Palazzone, in località val Piana, per passare poi a Cetona. Nel 1545 i Monaldeschi della Cervara, liberali visconti e signori di Allerona, concedono lo statuto al loro feudo che gli viene definitivamente confiscato nel 1585 per ordine di papa Pio IV ed assegnato alla Camera Apostolica: Allerona cessa pertanto di appartenere ai visconti Monaldeschi della Cervara, e passa sotto il dominio della Camera Apostolica dalla quale si sottrae dopo duecentosettantacinque anni, allorquando viene liberata dai Cacciatori del Tevere nel settembre 1860. Il 28 giugno 1585 la comunità di Allerona si dà un proprio statuto, ma dietro il sipario si celano gli occhi dei funzionari dello Stato della Chiesa che lo correggono e lo rielaborano impiegando circa un mese: uno dei molti misteri di Allerona.
Ridotta nel 1585 a sede di guarnigione di gendarmi e doganieri pontifici, Allerona conosce circa due secoli e mezzo di spoliazioni di beni, documenti ed opere certamente di buon valore. Quanto di artistico e di culturale vi è conservato viene disperso, trasferito e trafugato. Il nuovo dominante, il demanio pontificio, o Camera Apostolica, si preoccupa di trasformare il castello in caserma prolungandone il lato est fino a congiungerlo con la chiesa di Santa Maria Assunta e trasformando in terrazza il piano inclinato in discesa. L’aspetto leggero e simmetrico del palazzo viene completamente annullato. Tra il 1592 ed il 1597 viene eretta la chiesa ottagonale dedicata alla Madonna dell’Acqua. L’opera è attribuibile a Ippolito Scalza, od alla sua scuola. Data la costante importanza del sistema viario e la decadenza di ponte Giulio dovuta alla deriva del fiume Paglia, nel 1696 per attraversare il Paglia viene costruito un ponte di carri nella stessa località dove i Romani hanno eretto il ponte de subtus o della mola riattivando la strada romana, divenuta pista, attraversando il fiume tra le terme di Tiberio ed il mulino di Meana. Questo ponte di fortuna, soggetto a frequenti manutenzioni, viene sostituito dal ponte in muratura, detto di Allerona, solo nel 1911, pur rimanendo in uso almeno fino al 9 settembre 1860.
Le antiche arterie etrusche sono sempre valide e non hanno perso nè la propria importanza nè la propria funzione. Nel 1798 le truppe francesi del generale Jablonowschi e nel 1809 quelle di Napoleone I attraversano Allerona provenendo da Siena. Lungo la prima arteria negli anni compresi tra il 1824 ed il 1870 sono operanti bande di briganti protette dalla boscaglia che costeggia la strada e dai confini territoriali che li pongono al riparo dalla caccia della gendarmeria pontificia prima e dei regi carabinieri poi. Lungo la seconda arteria avviene l’invasione dello Stato pontificio da parte delle truppe del re di Sardegna, guidate dal generale Manfredo Fanti, nel settembre 1860. Una cronaca del tempo registra che una compagnia di fucilieri della fanteria di linea pontificia, forte di 140 Svizzeri del secondo reggimento esteri di stanza nel Castello di Monte Rubiaglio e di guarnigione alla caserma di Sant’Agostino in Orvieto, insegue e ricaccia oltre il fiume Paglia verso Allerona, sopra il ponte fatto di carri, un gruppo di volontari piemontesi in missione esplorativa del confine e della via per Orvieto.
Dopo quasi due millenni dalla costruzione del primo ponte sul fiume Paglia l’interesse per questo punto strategico rimane immutato.

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