Tra Venere e Marte – America, Europa e biodiversità

di Alessandro Fugnoli

(Versione originale in pdf>>)

E’ tempo di smettere di fare finta che europei e americani condividano la stessa visione del mondo o che addirittura abitino nello stesso mondo. L’Europa sta entrando in uno spazio autocontenuto fatto di regole, leggi e negoziati, un innocente paradiso post- storico che realizza la Pace Perpetua kantiana. Gli Stati Uniti rimangono invece piantati nella storia ed esercitano il potere in un anarchico mondo hobbesiano in cui leggi e regole internazionali sono inaffidabili. Gli americani vengono da Marte, gli europei da Venere. Per questo si capiscono sempre meno tra di loro.

Così scriveva lo straussiano neoconservatore Robert Kagan in un fortunato saggio nel 2002. Da allora è passato molto tempo e a guardare quello che stanno facendo i policy maker in questi giorni sembra quasi che i marziani siano diventati gli europei, dediti alla ferocia fiscale e monetaria, costi quel che costi. L’America sembra invece abbandonarsi alle mollezze venusiane, risolve il problema del debito pubblico facendolo comprare dalla Fed (le due edizioni di quantitative easing corrispondono a quasi due anni di fabbisogno e Bernanke non esclude il QE3) e prende atto del lavoro di varie commissioni bipartisan solennemente impegnate a disegnare un percorso di rientro strutturale dal debito aumentandolo allegramente con un nuovo pacchetto fiscale.

Fammi casto, Signore, ma non subito. Così pregava Agostino e così pensano democratici e repubblicani, che di giorno frequentano corsi di disintossicazione dal debito e la sera vanno a gozzovigliare insieme. Litigano regolarmente, i due. Smetti di bere (smetti di rifiutare nuove tasse) dicono i democratici ai repubblicani. E tu, allora, basta impasticcarti (smetti di rifiutare tagli di spesa), rispondono gli altri. Finita la discussione, alcolici e sostanze per tutti.

Il nuovo pacchetto americano non è enorme come appare. Per gran parte è un semplice prolungamento di tagli e sussidi già esistenti e che stanno per scadere. Per almeno 100 miliardi, tuttavia, si tratta di soldi freschi. L’Irlanda sputa sangue per risparmiarne 6 con il nuovo budget, tutti i paesi europei occidentali cercano di tirarne fuori qualche decina ciascuno ma l’America, pur avendo conti peggiori, se ne regala 100 a sorpresa.

In America tutti sono ora soddisfatti, tranne i bond lunghi e i democratici liberal del Congresso. I repubblicani portano a casa, oltre alle tasse evitate o addirittura abbassate, il risultato politico di un Obama neobushiano. Obama arretra, ma fa capire a tutti che la politica economica ora è fatta anche dai repubblicani. Se nel 2012 le cose andranno meglio se ne prenderà il merito, altrimenti darà la colpa agli avversari.

Sono contenti (si fa per dire) i disoccupati, che avranno il sussidio per un anno in più. Certo, ci sono molti studi che mostrano come i sussidi disincentivino la ricerca di un nuovo impiego, cronicizzino lo stato di disoccupato e provochino obsolescenza delle capacità professionali. Ma primum vivere e ben venga il sussidio.

E’ contenta la borsa, che vede messa in sicurezza, per il 2011, una crescita superiore a quella del 2010. L’America riuscì a crescere molto bene nel 1998, nonostante la crisi asiatica, e potrebbe regalarsi un 3-4 per cento nel secondo semestre dell’anno prossimo anche se l’Europa dovesse decidere di implodere. Infelici, fin troppo, sono per lo stesso motivo i Treasuries, che vedono scendere drasticamente le possibilità di una ricaduta o di un rallentamento significativo della crescita.

America cicala e venusiana, dunque? In superficie sì, ma il Dna rimane quello di sempre, quello di un paese che comunque vuole crescere, che ha orrore della stagnazione e della deflazione ed è disposto a fare uso in modo spregiudicato dei suoi poteri sovrani, in primo luogo quello di stampare bond e moneta per comprarli. Il resto del mondo si arrangi, se è furbo farà come l’America.

L’Europa tedesca è invece sempre più aggrovigliata nelle sue regole e procedure e nei suoi tabù. La Bce deve sterilizzare fino all’ultimo centesimo dei bond che compra, il 3 per cento di disavanzo va raggiunto a tappe forzate ma non solo, ci vuole la stabilizzazione del rapporto debito-Pil e, subito dopo, la sua riduzione. Chi non ce la fa peggio per lui e che faccia default insieme alle sue banche.

Questa, almeno, è la versione ufficiale. Poi si va a vedere l’Irlanda e si nota che tutto quello che è nella pancia delle banche tedesche è stato salvato, anche se a spese esclusive degli irlandesi. Al di là delle parole, la punizione da infliggere alle cicale è per il momento fatta di tasse e di tagli di bilancio più che di default. Si vuole infatti dare il tempo alle banche tedesche di ricapitalizzarsi e alleggerirsi dei titoli controversi, prima di ristrutturarli dal 2013 in avanti. Se così non fosse, se la Germania perseguisse cioè sul serio il default immediato, le ripercussioni in Europa sarebbero tali da non risparmiare la Germania stessa.

La stizza con cui la Merkel invoca il coinvolgimento dei privati nelle ristrutturazioni del debito ha probabilmente tre motivazioni. La prima è di raccogliere consensi nell’opinione pubblica tedesca. La seconda deriva dalla frustrazione di dovere ascoltare continuamente banche e industriali tedeschi che chiedono di salvare l’euro e i debitori deboli. La terza è quella di mantenere una forte pressione sulle ex cicale affinchè si mantengano sulla retta via.

Della fiaba dei Tre Porcellini (quelli che costruiscono l’uno una casa di fango per non fare fatica, il secondo di legno e il terzo in muratura secondo le norme vigenti) circolano due versioni. Nella prima il Lupo Speculatore abbatte in un attimo la casa del porcellino greco-celtiberico e se lo mangia. Poi sottopone allo stesso trattamento il fratello italo-francese ma quando si trova davanti alla casetta in stile bavarese del terzo si ritira impotente. Nella seconda versione politicamente corretta, oggi molto più diffusa, i due porcellini imprevidenti si rifugiano nella casa del terzo e tutti si salvano. Confidiamo nella seconda soluzione, se non altro per una certa fiducia nell’abilità che l’eurocrazia ha sempre mostrato nel trovare strade anche complicate per aggirare i veti, i tabù e gli scogli di ogni genere. Quasta volta, poi, all’eurocrazia si affianca un Fondo Monetario in cui la posizione tedesca non gode di simpatia.

Riassumendo, ci troviamo con un’America che gioca con il fuoco del debito pubblico e con un’Europa che gioca con il vento gelido della deflazione. Continuiamo a non escludere che in questa biodiversità ci sia qualcosa di buono. In un mondo così traballante, buttarsi tutti dalla parte della spesa e della monetizzazione o tutti da quella della virtù fiscale e monetaria potrebbe essere troppo rischioso. In questo modo siamo più bilanciati. La Cina, fortunatamente, è un ulteriore elemento di stabilizzazione ciclica. Cresce bene e si propone di frenare con moderazione, proprio mentre l’America sta per accelerare.

Europa, America e Cina non sono così coordinate come sembra, ma fortuna vuole che le loro decisioni autonome portino a risultati complementari.

Investire, in questo mondo instabile e complicato, richiede una certa capacità di sopportazione del rischio e della volatilità. Nel dubbio si possono seguire le due semplici regole della diversificazione geografica e del privilegiare azioni e materie prime rispetto al debito. Un’Europa incapace di gestirsi potrebbe in teoria secernere a un certo punto tossine deflazionistiche tali da mettere a rischio il rialzo di azioni e materie prime. Non va però dimenticato che, fino a prova contraria, l’Europa sta crescendo molto al di là delle previsioni mentre la Germania gode di salute eccellente.

Come valuta del paese che stampa più debiti e più moneta, il dollaro dovrebbe inabissarsi. Lo stesso dovrebbe fare l’euro, per dare respiro ai paesi più deboli e compensare la restrizione fiscale presente e futura. Il risultato è che dollaro ed euro sono stabili tra loro come due paracadutisti che scendono tenendosi per mano.

Su gentile concessione del Dr. Fugnoli che ci onora della sua amicizia.

Un Commento a “Tra Venere e Marte – America, Europa e biodiversità”

  • sonia catana volpini:

    Venere, pianeta dell’amore, ha un debito pubblico da amplessi, che segue la stessa curva a campana del picco del mal francese, con un coinvolgimento sempre crescente di clienti freschi. Prima la Grecia, poi il Portogallo, indi l’Irlanda, ora anche la Spagna potrebbe aver contratto la spirocheta pallida…Intanto la Merkel, con la Wasserman-Bank, promette pronta guarigione… I “marziani”, di contro, continuano a spremere il limone del “martinismo” finanziario …Gli europei sono “malati”, gli americani fanno finta!

i più letti
  • Non ci sono articoli
Follow alleronaheimat on Twitter

arsi

villalba

____________________________________
aprile 2024
lun mar mer gio ven sab dom
1234567
891011121314
15161718192021
22232425262728
2930EC
AlleronaHeimatWebRadio